LIBIA-ITALIA, Tra assenza di politica estera e competenze delle forze armate.

Da un’analisi recente sul ruolo dell’Italia negli affari esteri e sull’impiego dei
contingenti armati, cerchiamo di trarre un quadro comprensibile.

Una diffusa percezione di debolezza è il tratto caratteristico della politica
italiana in campo estero. La assenza di lungimiranza inoltre è un’evidenza che si può
desumere sia dall’atteggiamento che contraddistingue oggi l’Italia in merito ai
problemi degli affari esteri sia da alcuni fatti. Ci troviamo di fronte a un modo di fare
che è legato al tergiversare eppure, ahinoi, siamo lontani dall’azione del generale
romano Quinto Fabio Massimo il quale come si sa, temporeggiò sul campo di
battaglia al fine di ottenere la conquista dell’obiettivo in modo determinato e
coerente. Al momento purtroppo le uniche azioni italiane sono frutto di retorica e del
tutto incomprensibili; portate avanti più per “fare qualcosa” anziché per incidere
realmente sul corso degli avvenimenti.

Nella foto di gruppo della Conferenza di Berlino del 19 gennaio 2020 i capi di
governo sono schierati su due file, come previsto.
I posti non sono casuali, sono assegnati in base al protocollo del paese ospitante il
meeting.
Possono essere richieste modifiche, passibili di approvazione, tramite le Ambasciate
dei paesi ospitati e sempre secondo i loro rispettivi protocolli.
In breve, il criterio di apparizione in queste foto ufficiali segue una regola semplice:
sul davanti stanno i più importanti. La rappresentanza dell’Italia, Giuseppe Conte, è
in seconda fila, di lato.
Curioso il fatto che -fino a qualche tempo fa- lo stivale era coordinatore per il G7 e il
G20 della stabilizzazione in Libia.
Dunque seguendo in merito una conclusione logica, coerente affrettata, Giuseppe
Conte non dovrebbe trovarsi laggiù in fondo.
Come è noto, semplicità, logica e coerenza non sono garanzia di validità eppure in
effetti l’Italia dovrebbe avere un ruolo centrale nella crisi libica. Dovrebbe averlo per
molti motivi, tra cui il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo. Poi in ballo c’è la
salvaguardia sia dei cittadini all’estero che l’operatività di grandi aziende italiane
(Eni, Leonardo, …).
Per completezza annovero gli accordi economici per il comparto dei civili, la
sicurezza dello stato, la prevenzione e la lotta alle infiltrazioni terroristiche che sono 
gli altri motivi per cui il bel paese dovrebbe avere un ruolo pesante nella questione
libica, ma da molto tempo l’Italia non ha iniziative preventive, né ha capacità di agire
con prontezza per mantenere la legalità sui territori di competenza.
Dal punto di vista della Grecia sono le fregate francesi ad essere garanti della pace; la
fregata Fasan è arrivata solo dopo, in appoggio. Allo stesso modo per quello che
riguarda un contesto extra UE-Nato ovvero la missione nello stretto di Hormuz,
anche là l’Italia è a traino della Francia, ossia partecipa alla missione navale europea
tra il Golfo Persico e il Golfo di Oman su iniziativa francese e comando francese
senza alcuna notizia su quali vantaggi e contropartite spettino all’impegno italiano su
questo frangente.
Ne segue la deduzione banale che le forze armate italiane non sono impiegate a
supporto di una visione operativa strategica che tuteli gli interessi nazionali; con un
danno morale -oltreché materiale- che si configura nella perdita di influenza in campo
europeo sulle questioni mediterranee e mediorientali e nello svilimento dell’arma
italiana; stando così le cose i nostri ragazzi che servono il paese come volontari e che
sono mandati in missione, oggi sono meno di mercenari di un altro paese.
Ricordo analogamente che una volta si diceva “carne da macello”.
La successione di persone digiune di responsabilità amministrative
internazionali si protrae da abbastanza tempo da far capire bene come mai il
protocollo alla Conferenza di Berlino ci ha assegnato la seconda fila di lato, come un
fanalino di coda.
Insieme alla recente mancata gestione delle prepotenze turche e tenendo
presente altri smacchi internazionali e considerando in ultimo la determinazione
francese nell’ingerenza libica, si prospetta all’Italia e all’Europa lo scenario di
semplici auditori nel dialogo tra Russia e Turchia intorno al Mediterraneo e non solo.
Provo a riflettere al di là di tutto; guardiamo il mappamondo e abbiamo un
fatto: alcuni dei paesi toccati a volo radente in questo articolo, non condividono la
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; credo sia ora di aiutarsi.

articolo scritto dalla nostra Giornalista,
Capo Redattrice Ufficio Stampa del Partito Unione Nazionale Italiana
Dott.ssa Elettra Nicodemi in data 27 maggio 2020